Sopravvivere con l’arte

Un uomo resiste alla brutalità di un campo di concentramento nazista raccontando scene, dettagli e colori di opere d’arte ai compagni di prigionia. Facendo ricorso solo alla memoria e alla voce fa rivivere, nel luogo più improbabile, i capolavori della pittura che si sono depositati nella sua memoria come in un prezioso archivio. Di questo parla il libro Dipinti a voce. Sopravvivere con l’arte in un lager nazista (Marietti 1820) di François Le Lionnais.
Una videolettura del testo, realizzata senza pubblico nella Sala del Memoriale del Museo Ebraico di Bologna, sarà proposta sui siti del Museo e della casa editrice a partire dalle ore 10 di domani lunedì 25 gennaio.
Ingegnere chimico, matematico e letterato, appassionato di scacchi, uomo enciclopedico dai mille interessi e, dopo la guerra, fondatore dell’Oulipo con Raymond Queneau, Le Lionnais entra nella Resistenza nel 1942, animato da ideali comunisti. Arrestato nell’aprile 1944, interrogato e torturato dalla Gestapo, viene rinchiuso nel carcere di Fresnes, nella Valle della Marna, utilizzato durante l’occupazione nazista della Francia per imprigionare i partigiani.
Alcuni mesi dopo viene deportato nel campo di concentramento di Mittelbau-Dora, vicino a Nordhausen, in Turingia, destinato alla produzione delle “armi miracolose” alle quali la propaganda tedesca attribuisce la superiorità tecnologica della Germania e il compito di cambiare il corso del secondo conflitto mondiale. In quel luogo, in cui morirono circa un terzo dei 60 mila internati, Le Lionnais è costretto a lavorare alla catena di montaggio dei missili V2, che spesso modifica sabotandone il sistema di guida.
Ma agli occhi dei suoi compagni egli svolge un’altra attività, non meno importante e vitale. Durante gli interminabili appelli, descrive, con straordinaria minuzia, dettagli e colori di dipinti che conosce a memoria, valorizzando una specie di esercizio di osservazione e di memoria che era solito fare con gli amici prima della guerra: scegliere un dipinto del Louvre, guardarlo assieme agli altri, poi girare le spalle e descriverne delle parti su richiesta. Nel campo di concentramento quel gioco assume un’imprevista serietà, diventa un modo per fuggire con la fantasia e viaggiare in un mondo dipinto, per ricreare il tempo e lo spazio.

(24 gennaio 2021)